

TECNICA ARTISTICA
Pressoché tutta la produzione artistica di Aldo Patocchi
è composta da xilografie, ossia una tecnica d’incisione
in rilievo in cui si asportano le parti non costituenti
il disegno da una tavoletta di legno detta “matrice”. Di
seguito la matrice viene inchiostrata e utilizzata per la
realizzazione di uno o più esemplari dello stesso soggetto mediante la stampa con il torchio generalmente
su carta o seta. Essendo la xilografia, o silografia, un tipo d’incisione in rilievo, è possibile inserire le matrici di legno nelle forme tipografiche stampando contemporaneamente sia testo che immagini. La xilografia è un processo di stampa molto economico e fu usata soprattutto per testi popolari.


12 BOTTIGLIE 12 ETICHETTE DIVERSE
Le immagini presenti sulle etichette sono copie di xilografie della serie inedita “i 12 mesi” dell'artista ticinese Aldo Patocchi (1907 - 1986), che l'artista realizzò nel 1934. La serie è ambientata nella realtà rurale e agricola del Canton Ticino negli anni '30.
Sono state realizzate 79 cassette per serie, 79 poiché l'artista morì all'età di 79 anni.
Ogni scatola è numerata e firmata ed è accompagnata da una descrizione dettagliata delle etichette da parte del nipote Sandro Patocchi.


BIOGRAFIA
Aldo Patocchi nacque a Basilea il 22 luglio 1907 da un
casato originario di Peccia in Vallemaggia.
All’età di sei anni, con la famiglia si trasferì a Lugano. Il
suo insegnante di ginnasio, lo scrittore Giuseppe Zoppi,
cogliendone le doti artistiche, lo avviò allo studio delle
belle arti. In seguito gli fece conoscere Ettore Cozzani,
direttore della prestigiosa rivista milanese “L’Eroica”,
con la quale nel 1925 iniziò a collaborare illustrando
testi letterari.
Xilografo autodidatta, tra il 1925 e il 1931 vinse quattro
Borse di Studio federali; nel 1932 ricevette la medaglia
d’oro alla “Triennale d’arti decorative di Monza”,
primo di numerosi premi ricevuti in diverse esposizioni
nazionali e internazionali.
Nel 1928 pubblicò il ciclo “Fremiti di Selve”, una serie
di 20 xilografie di 12 x 8,5 cm ambientata in boschi
dall’aspetto cupo, dove il soggetto fa capolino in un
contorno di immagini di alberi alti, robusti e spogli.
Nonostante le premesse possano far pensare a soggetti
pervasi da inquietudine e tenebrosità, nel guardare
le venti opere emerge subito un gioco di prospettive di
luci e ombre di squisita e delicata fattura grazie al giusto
accostamento e dialogo tra il bianco e il nero, ossia
tra la parte scavata e quella non intagliata della matrice
di legno. Tali accostamenti luminosi e le prospettive “ad
arco gotico” che la maestosità del legno permette, rendono
palpabile il fremito, sinonimo di vita, che la selva
racchiude. Un passaggio di persone, una processione,
una chiesa tra gli alberi, una persona assorta, tutti momenti
del quotidiano del Ticino rurale degli anni Trenta.
Dal 1934 e per tre decenni dirige il settimanale “Illustrazione
Ticinese”. Fa parte di numerose giurie in Svizzera,
fra cui la “Commissione d’acquisto per la Collezione
grafica del Politecnico Federale di Zurigo”.
Dal 1950 al 1962 è membro della “Fondazione Pro
Helvetia”; presidente della “Società Ticinese per le Belle
Arti”; vicepresidente della “Società dei pittori, scultori e
architetti svizzeri”; membro fondatore di “Xylon Svizzera”
e, nel 1976, presidente a Friborgo della “Xylon
Internazionale”.
Durante la soprintendenza dei Musei di Lugano, allestisce
nel 1950 la prima “Biennale Internazionale del
bianco e nero”, e cura diverse mostre presso il Museo
Caccia a Villa Ciani.
